Sul piede di guerra
“Inefficace e frutto di compromesso”, dura l’Anm con la
riforma della giustizia e il taglio delle ferie. Buemi: “Un
problema di efficienza”. No “alla ‘privatizzazione’ del processo
civile” che scarica i costi dei risparmi sul cittadino"
Come sempre, quando un governo accenna a mettere mano al tema
della giustizia, i magistrati, una delle corporazioni più forti
in Italia, scatta in difesa come un sol uomo per bocciare,
frenare, rallentare, modificare qualunque norma che ne metta in
discussione non tanto l’autonomia garantita dalla Costituzione,
quanto il potere reale e i vantaggi cumulati nei decenni.
Secondo l’Associazione nazionale dei magistrati è “nel settore
penale che i disegni di riforma rivelano i caratteri del
compromesso e del cedimento a pressioni e a veti” perché la
modifica ipotizzata “della disciplina della prescrizione, oggi
patologica e patogena, non tocca la riforma del 2005 (con la
c.d. legge ex Cirielli) prodotto di una delle varie leggi ad
personam” bensì “nella debole scelta di introdurre due nuove
ipotesi di sospensione temporanea ed eventuale del suo decorso”.
L’Anm critica anche le ipotesi di modifica della disciplina di
acquisizione delle intercettazioni telefoniche mentre per i
nuovi reati di falsità in bilancio e di autoriciclaggio,
“destano preoccupazione le pressioni di cui danno conto i mezzi
di informazione, per realizzare una riforma di facciata, a
fronte di un’emergenza del Paese costituita dalla corruzione e
dalla criminalità organizzata ed economica”.
Ma quello che davvero gli piace poco è la nuova disciplina sulla
responsabilità civile dei magistrati e l’ipotesi di un taglio
delle ferie, da 45 giorni a 30 (lavorativi, ndr) di cui godono
come nessun’altra categoria del Paese. “L’eliminazione del
filtro di ammissibilità delle azioni di responsabilità civile”
sottolineano – “trascura una casistica che abbonda di atti di
citazione carenti dei minimi requisiti formali, dando così il
via libera ad azioni strumentali” e “la sospensione feriale dei
termini, che si vuole ridurre non determina affatto la chiusura
dei tribunali e garantisce anzitutto all’avvocatura una pausa
ragionevole dell’attività ordinaria. Le ferie dei magistrati
sono – quanto a durata – in linea con quelle della categoria dei
dirigenti”. “Se fosse confermata, l’annunciata riduzione delle
ferie – osserva il ‘sindacato’ delle toghe – decisa senza alcun
previo confronto con la magistratura, sarebbe un grave insulto
non per l’intervento in se stesso, ma per il metodo usato e per
il significato che esso esprime”. Non manca neppure una stoccata
alla ‘annuncite’ di cui sembra malato l’esecutivo Renzi che in
materia di riforma della giustizia “in attesa che siano resi
noti i testi ufficiali definitivi, deve guardare oltre le
entusiastiche dichiarazioni pubbliche e gli slogan promozionali
che l’accompagnano: dichiarazioni e slogan che vogliono
dissimulare, con esibita enfasi, diversi cedimenti e timidezze”.
“La presa di posizione dell’Anm ha dell’incredibile. È bastato –
notano i senatori del Pd, Claudio Moscardelli e Francesco Scalia,
l’intervento annunciato dal premier Renzi di ridurre i giorni di
ferie ai magistrati, a scatenare una rivolta della categoria. I
privilegi devono finire per tutti, 46 giorni di riposo,
nell’attuale stato della giustizia, sono francamente troppi”.
Dello
stesso parere il senatore Enrico Buemi, capogruppo del Psi nella
Commissione giustizia. “Il governo ha fatto bene – commenta – a
stabilire un principio: certi uffici devono restare aperti
sempre. Così come si pone il problema per l’Industria che deve
mantenere gli impianti aperti se vuole avere degli standard di
efficienza competitivi, così il problema deve porsi nella
macchina dell’amministrazione pubblica. E il problema c’è
davvero se sommiamo ai 45 giorni di ferie anche malattie,
permessi, convegni e altro. Non ci possono più essere ‘aree
intoccabili’. Non ce lo possiamo permettere”.
Insomma non c’è solo una questione di regole, di modifica delle
leggi per accelerare il corso di una giustizia civile e penale
che in Italia ha tempi ormai intollerabili per un Paese civile.
C’è un’evidente questione organizzativa come quella della
“sottovalutazione dei ruoli, delle competenze e delle capacità.
Ci sono tribunali che sono avanti con l’informatizzazione e
altri che invece arrancano”. Si può accelerare il processo
immaginando “figure polivalenti che possono assommare molteplici
funzioni e avere, ad esempio, una figura di Cancelliere che è
presente in Aula e immediatamente dopo può far partire le
notifiche. Senza trascurare le garanzie e i diritti del
cittadino, dobbiamo assumere una mentalità ‘industriale’”.
Ma un giudizio sulle modifiche proposte per accelerare le
cause civili?
“Ho dubbi sulla parziale ‘privatizzazione’ del processo civile.
Temo che possa funzionare bene per chi ha soldi da spendere. Per
una serie di contenziosi ci vogliono poi avvocati esperti, ‘costosi’.
Oggi il magistrato alla fine è una garanzia per il cittadino che
non ha mezzi. Poi bisogna tenere conto del fatto che la gran
parte del contenzioso è relativo ai ‘pagamenti’ e molto spesso
chi non paga è un mascalzone che passa la vita a truffare e
certo non gli conviene accettare una sentenza extragiudiziale.
Temo che funzionerà pochissimo. Meglio una giustizia pubblica
più veloce che affidarla in parte al ‘privato’”.
“Più che appaltare, io interverrei sui tempi e sulle modalità
del processo civile. Bisogna agire sulle notifiche, sul deposito
delle perizie, sulla fissazione delle udienze, sul ‘gioco’ tra
avvocati e magistrati. E non si possono ‘scaricare’ i costi
della riforma sul cittadino così come sta avvenendo con la
chiusura delle sedi locali. Lo Stato risparmia, ma spostarsi per
100 chilometri anziché per trenta, ha un costo che grava solo
sulle spalle del cittadino perché l’avvocato sposterà il suo
nella parcella al cliente”.
C’è aria di guerra tra toghe e governo?
“C’è un mal di pancia generale e molta strumentalizzazione come
quella sulla responsabilità civile. Ripeto che l’azione di
responsabilità diretta non c’è nel mio testo, né negli
emendamenti e neppure negli intendimenti del governo. Si vuole
introdurre una modalità equa di sanzionamento per il dolo e la
colpa grave. E verificata da altri magistrati. Dunque nessun
condizionamento di un potere sull’altro”.
“A proposito di riforme e di risparmi nella pubblica
amministrazione – conclude Buemi commentando le parole del
commissario alla Spending Review, Carlo Cottarelli – giusta la
strada di promuovere maggiore integrazione e qualche
accorpamento tra le cinque forze di polizia nazionali sapendo,
però, che si deve subito procedere all’accorpamento tra le
polizie comunali e quelle provinciali. Non si dimentichi,
inoltre, che in Italia esistono una pletora di magistrature
civile, penale, onoraria, amministrativa, contabile e
tributaria, autonome e con organi di autogoverno specifici,
ordinamenti disciplinari e trattamenti economici diversi tra di
loro che producono sovrapposizioni, conflitti, ritardi e sprechi
di ogni genere”.
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