Scontro ai vertici della procura di
Milano
Il
sistema giustizia in mano alle correnti
Tramite
la denuncia al Csm del procuratore aggiunto Alfredo Robledo di
Milano nei confronti del procuratore Edmondo Bruti Liberati, si è
scoperto che all’interno della procura di Milano è in corso da tempo
una vera e propria guerra interna tra fazioni, o meglio tra
correnti. In realtà è il segreto di Pulcinella e, chi conosce bene
l’ambiente togato , queste divisioni e assegnazioni a seconda la
convenienza e “fratellanze”, sono guerre permanenti che avvengono in
molte procure importanti.
Il magistrato Robledo, che appartiene alla corrente di Magistratura
indipendente, si è sentito espropriato dalle sue indagini che
venivano sistematicamente assegnate ai suoi colleghi che
appartengono alla corrente di Magistratura democratica: esisterebbe
una sorta di “cerchio magico” composto dagli esponenti della Md come
Bruti Liberati stesso, il capo del pool reati finanziari Francesco
Greco, la Boccassini, il vice capo dell’ufficio gip Claudio Castelli
e molti dei presidenti di sezione del tribunale civile e penale.
Tramite questa denuncia si mette in evidenza anche un altro aspetto
importantissimo e grave. Robledo, tramite la lettera indirizzata al
Csm, denuncia il fatto che aveva intenzione di far partire il prima
possibile un indagine relativa ad un ipotesi di reato (scaturita da
un’inchiesta giornalistica) nei confronti della gestione
dell’ospedale milanese San Raffaele, e che Bruti Liberati gli
avrebbe mandato una comunicazione: “In ragione della estrema
delicatezza della complessiva vicenda San Raffaele” ordinava che
“nel frattempo” non venisse “disposta alcuna nuova iscrizione, né,
ovviamente, presa alcuna iniziativa d’indagine”. Quindi in questo
caso l’obbligatorietà dell’azione penale non è stata rispettata: un
motivo in più per abolirla visto che l’azione penale viene in realtà
condotta a seconda la convenienza del momento.
In questa storia viene insomma a galla quel segreto di Pulcinella
che riguarda l’intero apparato giudiziario. A causa di una
sottocultura giustizialista e legalitaria che ha divinizzato
l’Istituzione giudiziaria si è perso di vista che la magistratura è
un potere dello Stato: e in barba della Costituzione stessa, è un
organismo politico (iper lottizzato) potentissimo e che, come ogni
potere, vige una lotta interna tra fazioni. Il problema è che,
questa guerra corporativa, crea malagiustizia e stritola vite umane
che sfortunatamente incappano in quel meccanismo dove è difficile
uscirne fuori indenne fisicamente e mentalmente.
Ma in tutta questa storia c’è una questione a parer mio ridicola:
ovvero la denuncia portata al Csm. E’ come se, per denunciare un
dirigente industriale, uno si rivolgesse al manager che egli stesso
ha voluto. Mi spiego meglio. La nomina dei capi delle procure (come
Liberati) la fa il Csm stesso che decide forte di una maggioranza di
due terzi eletta dagli stessi magistrati: nomine che avvengono in
base agli equilibri all’interno del sindacato delle toghe, l’Anm, e
delle correnti “politiche” come Magistratura democratica, Unicost,
Area e Magistratura indipendente. Quindi è un cane che si morde la
coda.
Senza una riforma seria dell’intero apparato giudiziario (e il
Governo Renzi si tiene ben lontano dal farlo) e penitenziario non
cambierà mai nulla. Nessuna denuncia né scandalo potrà portare
qualche beneficio: la magistratura non si autoriformerà mai.
(20 marzo 2014) |