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Intervista a Rino Formica su Italia Oggi 24-08-2013

La sinistra non ce la fa più 
a vendere l'anima alla procure

Socialista dei tempi eroici, addirittura ex trotzkista, e quindi anche un po' socialista dei tempi preistorici, assolto (dopo ben 17 anni di processi) da tutte le accuse che gli erano piovute addosso all'epoca del grande safari giudiziario detto Tangentopoli, l'ultraottantenne Rino Formica è l'uomo che negli anni della Milano e dell'Italia da bere, quando Enrico Letta era bambino e il Cavaliere aveva ancora qualche capello in testa, definì la politica «sangue e merda». Oggi, una repubblica più tardi, Formica è dell'idea che, sangue e merda restando, sia arrivato anche «il momento della resa dei conti». Ma non per Berlusconi e per il partito di plastica, come tutti credono, o fingono di credere. Siamo al redde rationem (dice Formica al Corriere della sera) per la sinistra postcomunista e per i suoi alleati, i diccì di sinistra, questi e quelli finora miracolosamente scampati al repulisti dello Zeitgeist (il tempo che passa, lo spirito dei tempi).

Non c'è semplicemente più corda da tirare: la repubblica delle Procure onnipotenti e delle leggi ad personam è alla frutta. Si volta pagina: le antiche strategie non funzionano più, o almeno danno segno d'usura. Anche se Berlusconi, per il momento, appare sotto scacco, un Re malamente difeso da Torri e Alfieri (anzi, Alfiere) sempre più improbabili, alle anime belle del centrosinistra non riesce più la magia sulla quale ha costruito negli ultimi decenni le sue (scarse) fortune: il patto di ferro (anzi, il Patto di Monaco) tra l'ala giudiziaria e quella moderata, tra la sinistra liberal e quella radical. Non è più in gioco (o non è soltanto in gioco) il destino del Barone Berlusconi e della sua mostruosa Creatura: il centrodestra dei liberali tarocchi, delle Olgettine, dei post e neofascisti, dei lumbard con l'elmo vichingo, dei peggiori baciapile.

È in gioco il destino della sinistra che nei giorni burrascosi di Tangentopoli ha venduto l'anima al diavolo delle Procure. Sono passati vent'anni e la sinistra è di nuovo al bivio: riforma (della giustizia) o rivoluzione (giudiziaria). Non si tratta di decidere quale delle due anime è destinata a prevalere: quella antipolitica e un po' fascistoide o quella moderata (la prima giacobina, la seconda no, o sempre meno). Si tratta di capire fino a quando troveranno riparo sotto lo stesso ombrello.

(Domenica 1 settembre 2013)

 

 

 

 

 

 

 

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