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Giustizia: i gattopardi della responsabilità civile

Come un fiume carsico la questione della responsabilità civile dei magistrati riemerge nelle cronache politiche, attraverso blitz più o meno inaspettati di singoli parlamentari, ma ancora non riesce a trovare una soluzione, politica prima ancora che giuridica.
Così come era già avvenuto all'epoca del governo Monti, incapace di affrontare questa questione, che all'epoca era stata posta all'ordine del giorno da un emendamento presentato dal deputato leghista Pini, anche Renzi la scorsa settimana si è trovato alle prese con una iniziativa a sorpresa dello stesso tenore, per di più votata da diversi parlamentari del Pd.
Ora, al di là della scontata levata di scudi dell'Anni, e della altrettanto scontata condanna della iniziativa da parte del ministro di Giustizia, ciò che preme sottolineare è un dato evidente: benché nessuno degli ultimi governi abbia messo il tema tra quelli preminenti in materia di giustizia, in Parlamento esiste da tempo una maggioranza trasversale che ritiene necessario riscrivere la legge Vassalli.
Partendo da questo dato va sottolineato che tale evidenza deve portare ad una soluzione che elimini le storture della legge attuale, che ne hanno determinato il fallimento conclamato, e non risolversi in una grida contro la magistratura destinata a sortire effetti ancor più negativi. Insomma, è inutile, e addirittura controproducente, ipotizzare la cosiddetta responsabilità diretta, cioè proprio la soluzione che è stata introdotta da ultimo, con ciò dando il fianco alla polemica da parte dei magistrati, quando si può ben più efficacemente eliminare i punti critici della normativa attualmente in vigore. Oggi non esiste nessuna reale tutela dei cittadini nei confronti degli errori gravi dei dei magistrati essenzialmente per due motivi.
Da un lato la legge prevede che venga operato un filtro preliminare di ammissibilità delle domande avanzata da chi si ritiene danneggiato. Questo filtro è ovviamente affidato a magistrati, e ha operato una vera e propria falcidia delle istanze avanzate, basti pensare che in oltre venticinque anni solo poche centinaia di casi lo hanno superato. D'altro lato la legge esclude che l'errore professionale del magistrato possa comportare responsabilità se cade sulla attività di applicazione delle norme, ciò per preservare l'indipendenza nella libera interpretazione delle norme; il che lascia esente da colpa professionale anche le ipotesi di clamorosa ignoranza.
Basterebbe intervenire su questi due punti, come già da tempo proposto in alcuni disegni di legge all'esame del Parlamento, per restituire al sistema una normativa non afflitta da un eccesso di garanzie nei confronti dei magistrati e da nessuna tutela effettiva per i cittadini. Senza impelagarsi in discussioni ideologiche, o peggio mettersi a discutere del sesso degli angeli, con ciò regalando ai fautori dello status quo l'ennesimo pretesto per no cambiare nulla, il governo si dovrebbe impegnare in questo senso.
Peccato che dalle prime dichiarazioni di esponenti governativi si coglie una certa confusione in materia. Dopo che il premier ha dichiarato, con la consueta enfasi, che anche su questa materia il governo non si farà condizionare dalle pretese corporative della magistratura, per bocca del ministro Orlando si è subito aggiunto che il filtro preliminare sarà confermato, il che equivarrebbe a dire, con il principe di Salina, che tutto cambia affinché nulla cambi, sul serio.

Pubblicato il 20 giugno 2014 su “Il Garantista”)

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