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Noi socialisti siamo garantisti, non è scontato il nostro voto con il Pd

Pur facendo parte dello schieramento di centrosinistra i socialisti potrebbero votare “no” alla decadenza di Silvio Berlusconi. Un «caso». Come spiegarlo? «Non siamo iscritti a nessuna tifoseria, né a quella della Biancofiore, che a suo dire seguirà il Cavaliere perinde ac cadaver, fino alla morte alla maniera dei gesuiti, né a quella dell’ex giudice Casson. Stiamo leggendo le carte e tra qualche giorno decideremo» dice Riccardo Nencini, segretario nazionale del PSI (che ha un membro in Giunta, Enrico Buemi).

Da dove nascono i dubbi?

Ci sono molti interrogativi e uno su tutti.

Quale?

Se sia possibile o meno il ricorso alla Consulta. Il punto è solo questo, il resto sono faziosità, interpretazioni utilizzate per coprire le rispettive posizioni. L’articolo 66 della Costituzione è chiaro: è la Camera di appartenenza che esprime un giudizio su di un suo rappresentante. E noi non possiamo sostenere, come facciamo e abbiamo appena fatto celebrando i 150 anni dell’unità d’Italia e poi però non applicarla.

Art. 66

Ciascuna Camera giudica dei titoli di ammissione dei suoi componenti e delle cause sopraggiunte di ineleggibilità e di incompatibilità.

Sta dicendo che la Legge Severino è in contrasto con l’articolo 66 della Costituzione?

Sto dicendo che è la Camera d’appartenenza che giudica un suo membro. Il Senato deve dare un giudizio pieno, non fare il passacarte. Negli anni 90 fu modificato l’articolo 68 ma il 66 non fu cambiato. E se non fu cambiato forse c’è una ragione: ciascun senatore deve votare liberamente.

Il vostro segretario del Molise, Marcello Maniscalco per molto meno fu depennato dalle liste elettorali perché ritenuto incandidabile.

I più ostici, i più intransigenti nel fare applicare una legge che porta anche il nome dell’attuale vice premier Alfano furono proprio i pidiellini. E tenga presente Maniscalco era stato condannato nel 2001 per aver spostato di un’ora l’inizio di un comizio elettorale.

Maniscalco non è Berlusconi.

Si ma questo non sposta di un avirgola il mio ragionamento. La nostra, come vede, non è una posizione partigiana.

In questi giorni molti hanno paragonato la situazione che sta vivendo Silvio Berlusconi e quella che visse Bettino Craxi.

Si tratta di un paragone improprio e sbagliato. Craxi, raggiunto da  un avviso di garanzia, si dimise immediatamente. Due mesi dopo fu convocata l’assemblea nazionale del PSI e Giorgio Benvenuto fu eletto segretario del partito. Bastò un avviso di garanzia, dunque un atto a tutela dell’imputato per far dimettere Craxi. Qui siamo di fronte  ad  una sentenza irrevocabile.

C. Mar.

Intervista pubblicata da Il Messaggero del 22/8/2013

(Venerdì 23 agosto 2013)

 

 

 

 

 

 

 

 

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