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Enrico Buemi

 

 

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Sindrome della ripartenza:
il falso mito dell’anno zero

Instabilità e paralisi del passato evocate da Renzi (e Berlusconi). La retorica della discontinuità domina la politica nazionale. Ma l’Italia è cresciuta

 

La retorica, anzi la mistica della «discontinuità» che domina da un po’ la politica italiana, prevede una logica temporale rigorosamente binaria: prima e dopo, la palude di prima e l’aria fresca di adesso, l’immobilismo di prima e il movimento di oggi, la conservazione di ieri e il dinamismo riformatore di oggi, l’Italia che era ferma e l’Italia che riparte. Una sindrome da anno zero, il passato schiacciato nella pigrizia e nella non-storia. Ma è una retorica che ha il minimo appiglio nella realtà storica?

Asso nella manica

Il tormentone sulla paralizzante instabilità dei governi del Dopoguerra, per esempio. Un asso nella manica del premier Matteo Renzi, ma prima di lui molto usato da Silvio Berlusconi, che anche lui voleva presentarsi come l’incarnazione del nuovo assoluto. L’asso è questo: supereremo l’impasse di «67 governi in 70 anni». Che in effetti, detta così, fa un po’ impressione. Poi si va a vedere che in realtà tutti i governi della Prima Repubblica, hanno avuto come perno la Democrazia cristiana la quale, se si eccettua la parentesi «laica» di Spadolini prima e di Craxi dopo, è sempre stata stabilmente a Palazzo Chigi con un’alleanza di partiti che variava, i liberali o i socialisti alternativamente o tutt’e due insieme, ma non in modo tale da prefigurare governi instabili con maggioranze alternative.

Paese ultrastabile

Politicamente l’Italia è stato un Paese ultrastabile, decisamente più stabile di tutti gli altri Paesi che hanno conosciuto la democrazia dell’alternanza. I governi cambiavano per tortuose geometrie di potere tra le correnti, per i rimpasti, per i bis e i tris, per tutte le formule acrobatiche e misteriose che hanno fatto speciale il lessico democristiano. Ma la storia italiana repubblicana non ha mai cambiato partito di riferimento, nella Prima Repubblica. «Moriremo democristiani», imprecava Luigi Pintor quando nel ’76 il Pci non riuscì a scavalcare i voti della Democrazia cristiana (e Indro Montanelli suggeriva di votare Dc «turandosi il naso» per arginare il pericolo comunista). Era il grido di dolore di un uomo di sinistra turbato dalla permanenza che sembrava inamovibile, stabilissima, inattaccabile della Dc. Poi cambiavano inquilino a Palazzo Chigi, ma la continuità era garantita.

Che cosa è accaduto 30 anni fa

Sull’immobilismo, poi, è difficile liquidare come immobile un’Italia che con quei governi passò in una manciata di anni da Paese sconfitto, povero, agricolo in Paese industriale moderno fino a raggiungere il rango di quinta potenza economica nel mondo. Un Paese dove si impiegavano pochi anni per completare l’Autostrada del Sole da Milano a Napoli cambiando la geografia dell’Italia e che in pochi anni si trasformò in un Paese consumista. Che cambiò verso con una profondità e radicalità che avremmo dimenticato nel corso della Seconda Repubblica, quella sì instabile, con mille partiti che nascono e muoiono, con ribaltoni, cambi di casacca, fino a oggi tutto compreso. E anche sui numeri, poi, bisognerebbe essere un po’ precisi, al limite della pignoleria. Per esempio si dice ogni giorno «finalmente si fa qualcosa dopo trent’anni». «Trent’anni» in che senso? Chi? Dove? Come? A partire da cosa? Qualche volta si dice «dopo vent’anni», e cioè? Cosa è accaduto trent’anni fa? O vent’anni? E allora perché non trentadue, quarantaquattro, cinquantadue? E soprattutto, perché la sindrome dell’anno zero deve sentirsi in dovere di ricostruire un passato da operetta, tutti immobili e impaludati mentre all’improvviso si presenta il grande innovatore, quello che cambia tutto e promette una stabilità mai vista nel nostro Paese?

Ventennio «azzurro»

Ultimo modo di dire da anno zero: «il ventennio berlusconiano». Sarà, ma Berlusconi non ha governato vent’anni. Dal marzo del 1994 all’ottobre del 2016 ha governato da Palazzo Chigi nove anni e mezzo su ventidue, partecipando anche a governi tecnici o simili, in posizione non precisamente dominante, per tre anni, mentre la sinistra ha governato a Palazzo Chigi per dieci anni (comprendendo ovviamente i governi di Enrico Letta e dello stesso Renzi). Ma «ventennio» fa più effetto. Come fa più effetto negare la stabilità dei numerosi governi democristiani. Tanti numeri. Ma la realtà?

 

Intervista di Claudio Landi per Radio Radicale. (4 ottobre 2016)

 

 

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