Responsabile

 

Enrico Buemi

 

 

Attualità       Politica       Economia       Esteri       Interviste       Diritti       Cultura       Foto       Contatti       Link

Intervento in discussione generale del senatore Buemi sul DdL segnalazioni di reati o irregolarità nel lavoro pubblico o privato

Il DdL abbassa la soglia delle tutele

 

Signor Presidente, onorevoli colleghi, il disegno di legge al nostro esame è elusivo dell'apparato di garanzie cui tende, in uno Stato di diritto, il processo penale. Dietro il paravento della segnalazione effettuata nell'interesse dell'integrità della pubblica amministrazione, infatti, si cela il tentativo di abbassare la soglia delle tutele che, dinanzi a un'accusa, spettano a ogni cittadino. In questa fattispecie, infatti, la trasmissione della denuncia al giudice penale è solo eventuale: badate che non è un caso limite.
È già avvenuto che la sindaca di una grande città avesse trasmesso atti all'ANAC e che questa autorità si fosse limitata a esprimere un parere invece di ravvisare elementi di sospetto in una determinata nomina, salvo poi accorgersi della cosa in ritardo - quando scoppiò lo scandalo mediatico - trasmettendo gli atti alla competente procura di Roma. Alla faccia dell'obbligatorietà del rapporto in caso di illeciti penali!
Dietro lo schermo della segnalazione effettuata nell'interesse dell'integrità della pubblica amministrazione si cela, quindi, una grande ipocrisia. Per non impegnarsi nel deferimento dei possibili illeciti all'autorità giudiziaria, si crea un apparato sanzionatorio parallelo, che passa per l'amministrazione e arriva all'ANAC, che si riterrà soddisfatto anche solo con un principio di prova, senza sollecitare l'assai più rigoroso scrutinio (indizi chiari, univoci, concordanti) che richiede, appunto, il giudizio penale. In altre parole, tutte le volte che si riterrà di non poter provare un episodio corruttivo, sarà assai più comodo attestarsi sull'ipotesi minimale della mala gestio, per punire in sede disciplinare - o, peggio ancora, extra amministrativa, grazie alle determine dell'ANAC - chi non ha modo di difendersi, rimanendo, appunto, appeso a un filo. Già, perché in una qualche fase del giudizio penale l'imputato giunge comunque a conoscere il nome di chi lo accusa, ne viene a conoscenza. Infatti, uno degli elementi fondamentali della difesa è quello di dimostrare la non credibilità dell'accusatore.
Come si fa a ottenere lo stesso risultato in un giudizio amministrativo nel quale questo nome, presto o tardi, non salta fuori? L'esigenza sottesa al testo è giusta, ma andava soddisfatta diversamente, senza abbassare il livello delle garanzie.
La mia proposta, in sede di esame del disegno di legge n. 19, fu anche più rigorosa. L'emendamento 5.0.302, a mia firma, intendeva punire con l'arresto fino a sei mesi «chiunque pubblica in tutto o in parte, anche per riassunto o a guisa d'informazione, l'identità del segnalante», fino a quando l'indagine preliminare fosse stata in corso. Tuttavia, mi mantenevo, non a caso, all'interno del sistema processuale penale, rispettando il punto di equilibrio, ivi previsto, tra le responsabilità di ciascuno (imputato, accusatore, giudice, tutti alla luce del pubblico dibattimento). La Presidenza preferì tuttavia dichiarare improponibile l'emendamento, per dare spazio a questo testo, che deroga alle garanzie processuali più elementari.
Visto che ci siamo, segnalo un'altra anomalia nella gestione parlamentare di questo testo, che inizialmente era stato deferito alle Commissioni riunite giustizia e affari costituzionali. Poco dopo il suo arrivo dalla Camera dei deputati, con riferimento espresso a tale disegno di legge i deputati radicali della scorsa legislatura presentarono la petizione n. 1.538, che proponeva l'estensione della possibilità di whistleblowing anche ai dipendenti dalle Camere. Fu anch'essa differita alle Commissioni riunite e lì è rimasta, anche dopo che, con decisione discutibile, il disegno di legge passò alla sola Commissione affari costituzionali.
Quindi, oggi non possiamo parlare dell'intelligente proposta dei radicali, che con quel provvedimento invitavano a superare l'autodichia, in nome dei principi di parità tra i cittadini e, quindi, tra tutti i pubblici dipendenti.
Non si capisce, infatti, perché continuare a escludere, quanto meno dalla normativa Severino già esistente, una nicchia amministrativa che in passato si è segnalata per opacità. Se, ad esempio, Scarpellini ha evaso l'IVA sugli affitti della Camera del 2011 (come accertato dalla sentenza del tribunale di Roma in questa settimana), forse sono tenuti a saperlo anche coloro che gestivano il contratto dal lato dell'affittante. Se il contenuto della petizione fosse stato legge, ce ne saremmo accorti tutti prima e, forse, il discredito per le Istituzioni che sopportano il peso di queste situazioni sarebbe stato minore.
Ci sono però responsabilità del legislatore: leggi equivoche, contraddittorie e incerte nella loro definizione e tassatività, zone grigie volute o irresponsabilmente determinate. Sono anche alla base di uno Stato generale, oltre a essere mancante qualsiasi controllo amministrativo preventivo che, appunto, non agisce in maniera precauzionale, mettendo in discussione - anzi, sanzionando - gli atti amministrativi non conformi alla legge. Ci sono responsabilità degli amministratori, sindaci e Presidenti.
Nell'indagine che la Commissione antimafia ha fatto sul Comune di Roma è emersa in maniera chiara l'assenza di qualsiasi controllo interno, qualsiasi audit o ispettorato che esercitasse un controllo preventivo all'interno di un'Istituzione che, con le sue partecipate, conta circa 60.000 dipendenti.
Ci sono però responsabilità anche più generali del nostro Paese, cioè di noi cittadini. È un Paese povero moralmente questo, se deve premiare chi fa solo il proprio dovere. È un Paese povero questo, se deve proteggere coloro che fanno solo il proprio dovere. È un Paese povero questo, che ha bisogno, anche in tempi di pace, di eroi.
Signor Presidente, io non mi rassegno. Credo in un Paese in cui ci sono ancora coloro che non si piegano all'omertà, all'arbitrio e alla convenienza personale. Ci sono cittadini e parlamentari che dicono quello che pensano e fanno quello che devono.

12 ottobre 2017

 

 

 

 

 

Sandro Pertini

L'idea di socialismo 

Loris Fortuna 

Pietro Nenni

Le foto presenti ne “La Questione Sociale” sono prese da internet, quindi valutate di pubblico dominio.

Se il soggetto o gli autori dovessero avere qualcosa in contrario alla pubblicazione, basta segnalarlo alla redazione, alla mail laquestionesociale@tiscali.it. Si provvederà alla rimozione delle immagini.

 

2013 La Questione Sociale  Webmaster & Design by Francesco Alati