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Enrico Buemi

 

 

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Responsabilità civile: scelto il testo Buemi

In commissione giustizia, cassata la proposta del governo che prevedeva misure più tenui

La proposta di legge parlamentare sulla responsabilità civile dei magistrati è già arrivata all'esame dei singoli articoli, e in questi casi solo un voto della commissione consente di bruciare il lavoro già fatto e ripartire da zero, cioè dal ddl governativo. Una retromarcia che ieri i senatori si sono ben guardati dal fare. E il problema a questo punto non è di natura procedurale. Nell'articolato di Buemi infatti si prevede che lo Stato possa rivalersi sul giudice che ha commesso l'errore per il 100 per cento del danno risarcito al cittadino. Senza una soglia massima. Il governo individua invece un tetto, anche piuttosto contenuto: il 50 per cento dello stipendio percepito dal magistrato nell'anno in cui ha commesso l'errore. Vero è che a tirare materialmente fuori i soldi al posto dei giudici sono le compagnie assicurative. Ma è vero pure che con parametri del genere i premi polizza trattenuti dalle buste paga dei magistrati salirebbero un bel po' (oggi si aggirano sui 250 euro all'anno).

Non solo. Perché nella proposta di legge già all'esame del Senato i casi nei quali un magistrato può essere chiamato a rispondere dei suoi errori si estendono all'inosservanza di sentenze della Cassazione a sezioni unite. In pratica il giudice può allontanarsi dalla giurisprudenza ma deve spiegare perché lo fa. Nel disegno di logge messo a punto a via Arenula il vincolo riguarda solo la giurisprudenza comunitaria.

«Con il voto appena espresso la commissione ha scelto il testo che porta la mia firma», dice Buemi, «il governo potrà inserire i contenuti del suo ddl sotto forma di emendamenti». In linea teorica il ministro della Giustizia potrebbe ancora riportare il provvedimento sulla rotta tracciata dal suo ufficio legislativo. Ma non sarà facile. A Palazzo Madama in numeri sono sempre in bilico, e in questo caso anche più che in altri, visto che segmenti pur piccoli della maggioranza come il Psi sono su posizione più dure. Oggi Orlando incontrerà proprio i senatori della commissione Giustizia: all'ordine del giorno l'esame del decreto legge sul processo civile, per il quale ieri è scaduto il termine di presentazione degli emendamenti. Ma sarà inevitabile che la discussione scivoli sulla responsabilità dei magistrati.

Il Guardasigilli cercherà di riportare il percorso della legge su binari meno distanti dal confronto con l'Anm. Non è sua intenzione giocare questo secondo tempo della riforma della giustizia in un clima di rissa con le toghe. Innanzitutto perché sono ancora in sospeso tre provvedimenti delicatissimi, che richiedono una discussione aperta con il sindacato dei giudici: quello sulle intercettazioni, fermo in attesa di un dibattito con i direttori dei giornali, il ddl di riforma del Csm, finalmente in rampa di lancio ora che si è insediato il nuovo Consiglio superiore, e il provvedimento su prescrizione e impugnazioni nel processo penale, prossimo ad essere assegnato a una delle Camere.

Il terreno del confronto con i magistrati rischia di diventare del tutto impraticabile. Già gli scambi di battute a distanza degli ultimi giorni tra Renzi e l'Anni hanno complicato la situazione. Con una responsabilità civile in versione hard la rissa è dietro l'angolo. E' quello infatti l'intervento più temuto dai giudici, perché aprirebbe una breccia nella loro quasi assoluta intangibilità.

D'altronde il Parlamento ha anche un altro vantaggio. L'esecutivo si è visto costretto a specificare il budget annuo disponibile per risarcire i cittadini vittime di malagiustizia, e nella relazione tecnica del proprio ddl lo ha fissato alla cifra piuttosto modesta di540mila euro, come segnalato ieri da Libero. Il Parlamento invece potrà avere più tempo per ampliare il plafond, attraverso passaggi in commissione Bilancio. E se resteranno le soglie più ampie previste dal testo del Senato, quel passaggio sarà inevitabile.

Pubblicato l'1 ottobre 2014 su Il Garantista

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