Responsabilità civile: scelto il testo Buemi
In commissione giustizia, cassata la proposta del governo che
prevedeva misure più tenui
La
proposta di legge parlamentare sulla responsabilità civile dei
magistrati è già arrivata all'esame dei singoli articoli, e in
questi casi solo un voto della commissione consente di bruciare
il lavoro già fatto e ripartire da zero, cioè dal ddl
governativo. Una retromarcia che ieri i senatori si sono ben
guardati dal fare. E il problema a questo punto non è di natura
procedurale. Nell'articolato di Buemi infatti si prevede che lo
Stato possa rivalersi sul giudice che ha commesso l'errore per
il 100 per cento del danno risarcito al cittadino. Senza una
soglia massima. Il governo individua invece un tetto, anche
piuttosto contenuto: il 50 per cento dello stipendio percepito
dal magistrato nell'anno in cui ha commesso l'errore. Vero è che
a tirare materialmente fuori i soldi al posto dei giudici sono
le compagnie assicurative. Ma è vero pure che con parametri del
genere i premi polizza trattenuti dalle buste paga dei
magistrati salirebbero un bel po' (oggi si aggirano sui 250 euro
all'anno).
Non
solo. Perché nella proposta di legge già all'esame del Senato i
casi nei quali un magistrato può essere chiamato a rispondere
dei suoi errori si estendono all'inosservanza di sentenze della
Cassazione a sezioni unite. In pratica il giudice può
allontanarsi dalla giurisprudenza ma deve spiegare perché lo fa.
Nel disegno di logge messo a punto a via Arenula il vincolo
riguarda solo la giurisprudenza comunitaria.
«Con il voto appena espresso la commissione ha scelto il testo
che porta la mia firma», dice Buemi, «il governo potrà inserire
i contenuti del suo ddl sotto forma di emendamenti». In linea
teorica il ministro della Giustizia potrebbe ancora riportare il
provvedimento sulla rotta tracciata dal suo ufficio legislativo.
Ma non sarà facile. A Palazzo Madama in numeri sono sempre in
bilico, e in questo caso anche più che in altri, visto che
segmenti pur piccoli della maggioranza come il Psi sono su
posizione più dure. Oggi Orlando incontrerà proprio i senatori
della commissione Giustizia: all'ordine del giorno l'esame del
decreto legge sul processo civile, per il quale ieri è scaduto
il termine di presentazione degli emendamenti. Ma sarà
inevitabile che la discussione scivoli sulla responsabilità dei
magistrati.
Il
Guardasigilli cercherà di riportare il percorso della legge su
binari meno distanti dal confronto con l'Anm. Non è sua
intenzione giocare questo secondo tempo della riforma della
giustizia in un clima di rissa con le toghe. Innanzitutto perché
sono ancora in sospeso tre provvedimenti delicatissimi, che
richiedono una discussione aperta con il sindacato dei giudici:
quello sulle intercettazioni, fermo in attesa di un dibattito
con i direttori dei giornali, il ddl di riforma del Csm,
finalmente in rampa di lancio ora che si è insediato il nuovo
Consiglio superiore, e il provvedimento su prescrizione e
impugnazioni nel processo penale, prossimo ad essere assegnato a
una delle Camere.
Il terreno del confronto con i magistrati rischia di diventare
del tutto impraticabile. Già gli scambi di battute a distanza
degli ultimi giorni tra Renzi e l'Anni hanno complicato la
situazione. Con una responsabilità civile in versione hard la
rissa è dietro l'angolo. E' quello infatti l'intervento più
temuto dai giudici, perché aprirebbe una breccia nella loro
quasi assoluta intangibilità.
D'altronde il Parlamento ha anche un altro vantaggio.
L'esecutivo si è visto costretto a specificare il budget annuo
disponibile per risarcire i cittadini vittime di malagiustizia,
e nella relazione tecnica del proprio ddl lo ha fissato alla
cifra piuttosto modesta di540mila euro, come segnalato ieri da
Libero. Il Parlamento invece potrà avere più tempo per ampliare
il plafond, attraverso passaggi in commissione Bilancio. E se
resteranno le soglie più ampie previste dal testo del Senato,
quel passaggio sarà inevitabile.
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