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Modifiche alla Legge Severino

Il Psi ritrova la sua funzione egemone nella proposta riformista della sinistra

Marcello MiniscalcoEnrico Buemi

Saluto con vivo apprezzamento il disegno di legge Modifiche all’art. 11 del Decreto Legislativo 31 dicembre 2012, n. 235 in materia di sospensione e decadenza, con cui il Psi sta ritrovando la sua funzione egemone nella proposta riformista della sinistra

Mantenendo la sospensione degli amministratori locali in carica soltanto in caso di applicazione non definitiva della misura di prevenzione antimafia il testo proposto alla Camera distingue nettamente tra perdita dell'elettorato passivo in ragione di condanna penale e perdita causata da altro motivo di indegnità morale. Da questa seconda categoria, e da essa soltanto, può farsi discendere un giudizio anticipato che determini prima del passaggio in giudicato di una sentenza, la cessazione di una carica politica elettiva.

Si tratta dello stesso spirito con cui in Senato abbiamo proposto il disegno di legge n. 1054, che più ampliamente reca "Disciplina della privazione dei diritti elettorali in attuazione dell'articolo 48, quarto comma, della Costituzione". Se si vuole evitare che, per lo stesso fatto prima arrivi la decadenza del decreto Severino e poi l'interdizione del giudice penale, l'unica soluzione è distinguere nettamente i due casi. Mischiare le acque non giova alla chiarezza dell'ordinamento italiano, che già nella pluralità di giurisdizioni diversifica la risposta al medesimo caso in modo vistosamente sperequato il tribunale civile di Bari ha sospeso il sindaco di Fasano Amati, mentre il TAR Campania ha reintegrato il sindaco di Napoli De Magistris. Il senatore Stefàno, per far decadere Berlusconi, invocò anche la sentenza romana che aveva dato torto al suo compagno di partito Alzetta. Su tutte queste vistose irrazionalità l'Italia rischia una condanna europea per il ricorso intentato dal nostro compagno Marcello Miniscalco (foto), che si è trovato escluso dalle liste elettorali regionali pur senza mai aver dovuto subire un'interdizione. Ma soprattutto non giova alla credibilità pubblica delle istituzioni che non possono sempre inseguire i casi esplosi con pubblica notorietà. È nella concretezza del quotidiano che si valuta quando il Legislatore ha fatto una scelta oculata.

Martedì 4 Novembre 2014

PROPOSTA DI LEGGE d’iniziativa degli Onorevoli: Di Lello, Di Gioia, Locatelli, Pastorelli

“Modifiche all’art. 11del Decreto Legislativo 31 dicembre 2012, n.235 in materia di sospensione e decadenza”

Onorevoli colleghi,

La legge 6 novembre 2012, n. 190 ha, come è noto, introdotto una serie di disposizioni dirette a contrastare con maggiore efficacia il fenomeno corruttivo all’interno della Pubblica Amministrazione. Nel quadro di questa complessa e articolata disciplina, è stata inoltre prevista una delega legislativa al Governo per introdurre «un testo unico della normativa in materia di incandidabilità alla carica di membro del Parlamento europeo, di deputato e di senatore della Repubblica, di incandidabilità alle elezioni regionali, provinciali, comunali e circoscrizionali» (art. 1, c. 63). Tale delega è stata successivamente attuata con il d.lgs. 31 dicembre 2012, n. 235.

In questa sede preme focalizzare l’attenzione sulle principali problematiche, anche di natura costituzionale che sembrano interessare l’art. 11.

Questa disposizione prevede che siano sospesi di diritto dalle cariche di cui al comma 1 dell’art. 10 (cariche elettive negli enti locali) coloro che sono stati condannati, con sentenza non definitiva, per determinati reati. Se in seguito la condanna diviene definitiva, l’amministratore sospeso decade dalla carica; se invece sopravviene una nuova decisione (sia pure essa stessa non definitiva) che elimina la condanna la sospensione cessa, e l’interessato viene reintegrato nelle funzioni.

In ogni caso, lo stato di sospensione non può eccedere una certa durata, e cessa di diritto allo scadere del termine se nel frattempo la sentenza non definitiva non è stata né confermata né riformata.

Innanzi al Consiglio di Stato (sentenza 730/2014) la prima e principale questione di costituzionalità che viene dedotta attiene ad un supposto “eccesso di delega”. Premesso che il d.lgs. n. 235/2012 è un testo unico emanato sulla base della delega conferita dal legislatore con l’art. 1, commi 63 e 64 della legge n. 190/2012 (detta anche legge anticorruzione), è stata sollevata l’obiezione che la legge delega indicasse esclusivamente le condanne penali “definitive” quali presupposto della incandidabilità alle cariche riferite agli amministratori locali, ovvero della decadenza dalla stessa carica (se l’impedimento si verifica dopo l’assunzione della carica) o infine della sospensione.

Ciò posto è stato rilevato che là dove il testo unico (decreto delegato) prevede la sospensione quale effetto di condanne penali “non definitive”, vi sarebbe un contrasto con la legge delega. Il Collegio ha osservato, innanzi tutto, che la “sospensione” è, per definizione, uno stato transitorio, necessariamente limitato nel tempo, e destinato a concludersi o con la definitiva cessazione dall’incarico (decadenza) o con la reintegrazione nelle funzioni.

Sembra evidente dunque che la “sospensione” non possa dipendere, per sua stessa natura, che da una condanna non definitiva. Se invece la condanna è definitiva, vi è la decadenza, non la sospensione.

L’appellante propone altresì una seconda questione di costituzionalità sotto il profilo di una presunta illogicità, ovvero irragionevolezza, violazione del principio di uguaglianza, etc.. In sintesi, la questione si basa sulla circostanza che il regime della sospensione è differenziato per le varie fattispecie penali, cosicché può accadere che la sospensione consegua, di diritto ad una condanna a pena più lieve, e non consegua invece ad una condanna a pena più onerosa, solo perché la prima è stata pronunciata per un certo tipo di reato, e la seconda per un reato di altro tipo.

Nonostante il Collegio abbia ritenuto manifestamente infondata anche questa eccezione non è irragionevole pensare che la questione ponga altri profili di incostituzionaslità con riferimento alla disposizione contenuta nell’art. 27 comma 2 della Carta Costituzionale.

Infatti anche se il legislatore ha inteso la sospensione dalla carica come uno strumento cautelare: la norma vuol allontanare dall’esercizio di determinate funzioni pubbliche il soggetto che, avendo riportato una condanna penale sia pur non definitiva, presenta un apprezzabile rischio di esercitarle in modo illecito o comunque contrario al pubblico interesse, il disposto Costituzionale tutela i diritti dell’imputato “sino alla condanna definitiva”.

Al fine dunque di ristabilire uno stato di diritto che pone le norme di rango costituzionale al di sopra della legge ordinaria si prevede con la presente proposta di legge la soppressione delle lettere a) e b) dell’art. 11.

PROPOSTA DI LEGGE

Art. 1

Al comma 1, dell’art. 11 del Decreto Legislativo 31 dicembre 2012, n. 235 le lettere a) e b) sono soppresse.

Art. 2

1. La presente legge entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale.

On. Marco Di Lello

 

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