PROPOSTA DI LEGGE d’iniziativa degli
Onorevoli: Di Lello, Di Gioia, Locatelli, Pastorelli
“Modifiche all’art. 11del
Decreto Legislativo 31 dicembre 2012, n.235 in materia
di sospensione e decadenza”
Onorevoli colleghi,
La legge 6 novembre 2012, n. 190 ha,
come è noto, introdotto una serie di disposizioni
dirette a contrastare con maggiore efficacia il fenomeno
corruttivo all’interno della Pubblica Amministrazione.
Nel quadro di questa complessa e articolata disciplina,
è stata inoltre prevista una delega legislativa al
Governo per introdurre «un testo unico della normativa
in materia di incandidabilità alla carica di membro del
Parlamento europeo, di deputato e di senatore della
Repubblica, di incandidabilità alle elezioni regionali,
provinciali, comunali e circoscrizionali» (art. 1, c.
63). Tale delega è stata successivamente attuata con il
d.lgs. 31 dicembre 2012, n. 235.
In questa sede preme focalizzare
l’attenzione sulle principali problematiche, anche di
natura costituzionale che sembrano interessare l’art.
11.
Questa disposizione prevede che siano
sospesi di diritto dalle cariche di cui al comma 1
dell’art. 10 (cariche elettive negli enti locali) coloro
che sono stati condannati, con sentenza non definitiva,
per determinati reati. Se in seguito la condanna diviene
definitiva, l’amministratore sospeso decade dalla
carica; se invece sopravviene una nuova decisione (sia
pure essa stessa non definitiva) che elimina la condanna
la sospensione cessa, e l’interessato viene reintegrato
nelle funzioni.
In ogni caso, lo stato di sospensione
non può eccedere una certa durata, e cessa di diritto
allo scadere del termine se nel frattempo la sentenza
non definitiva non è stata né confermata né riformata.
Innanzi al Consiglio di Stato
(sentenza 730/2014) la prima e principale questione di
costituzionalità che viene dedotta attiene ad un
supposto “eccesso di delega”. Premesso che il d.lgs. n.
235/2012 è un testo unico emanato sulla base della
delega conferita dal legislatore con l’art. 1, commi 63
e 64 della legge n. 190/2012 (detta anche legge
anticorruzione), è stata sollevata l’obiezione che la
legge delega indicasse esclusivamente le condanne penali
“definitive” quali presupposto della incandidabilità
alle cariche riferite agli amministratori locali, ovvero
della decadenza dalla stessa carica (se l’impedimento si
verifica dopo l’assunzione della carica) o infine della
sospensione.
Ciò posto è stato rilevato che là dove
il testo unico (decreto delegato) prevede la sospensione
quale effetto di condanne penali “non definitive”, vi
sarebbe un contrasto con la legge delega. Il Collegio ha
osservato, innanzi tutto, che la “sospensione” è, per
definizione, uno stato transitorio, necessariamente
limitato nel tempo, e destinato a concludersi o con la
definitiva cessazione dall’incarico (decadenza) o con la
reintegrazione nelle funzioni.
Sembra evidente dunque che la
“sospensione” non possa dipendere, per sua stessa
natura, che da una condanna non definitiva. Se invece la
condanna è definitiva, vi è la decadenza, non la
sospensione.
L’appellante propone altresì una
seconda questione di costituzionalità sotto il profilo
di una presunta illogicità, ovvero irragionevolezza,
violazione del principio di uguaglianza, etc.. In
sintesi, la questione si basa sulla circostanza che il
regime della sospensione è differenziato per le varie
fattispecie penali, cosicché può accadere che la
sospensione consegua, di diritto ad una condanna a pena
più lieve, e non consegua invece ad una condanna a pena
più onerosa, solo perché la prima è stata pronunciata
per un certo tipo di reato, e la seconda per un reato di
altro tipo.
Nonostante il Collegio abbia ritenuto
manifestamente infondata anche questa eccezione non è
irragionevole pensare che la questione ponga altri
profili di incostituzionaslità con riferimento alla
disposizione contenuta nell’art. 27 comma 2 della Carta
Costituzionale.
Infatti anche se il legislatore ha
inteso la sospensione dalla carica come uno strumento
cautelare: la norma vuol allontanare dall’esercizio di
determinate funzioni pubbliche il soggetto che, avendo
riportato una condanna penale sia pur non definitiva,
presenta un apprezzabile rischio di esercitarle in modo
illecito o comunque contrario al pubblico interesse, il
disposto Costituzionale tutela i diritti dell’imputato
“sino alla condanna definitiva”.
Al fine dunque di ristabilire uno
stato di diritto che pone le norme di rango
costituzionale al di sopra della legge ordinaria si
prevede con la presente proposta di legge la
soppressione delle lettere a) e b) dell’art. 11.
PROPOSTA DI LEGGE
Art. 1
Al comma 1, dell’art. 11 del Decreto
Legislativo 31 dicembre 2012, n. 235 le lettere a) e b)
sono soppresse.
Art. 2
1. La presente legge entra in vigore
il giorno successivo a quello della sua pubblicazione
nella Gazzetta Ufficiale.
On. Marco Di Lello |