La crisi non allenta la presaIstat: disoccupazione in aumentodi Nadia ButiniLa crisi non allenta la presa. Sono appena stati pubblicati i dati dell’Istat sulla disoccupazione e non sono certo confortanti. Nel gennaio scorso, infatti, il numero dei disoccupati risulta in aumento dello 0,2%, salendo così a 2 milioni e 312.000, con una percentuale complessiva del 9,2%; in Europa il tasso di disoccupazione è al 9,7% e nella zona euro al 10,1. Per l’Italia si tratta del livello massimo dal 2004. Tra i giovani dai 15 ai 24 anni il tasso di disoccupazione è salito al 31,1%, a fronte di una percentuale del 21,1% nei 27 Paesi della Ue e del 20,9% nella zona euro. Passando alla differenza di genere, anche qui l’Italia registra un record negativo: 46,1% di occupate a fronte di una media Ue del 58,2. Quello sulle donne è un dato storico, strutturale: la mancanza di asili, la scarsa offerta di sostegno nella cura degli anziani tengono le donne italiane lontane dal lavoro; il dato sui giovani sta a testimoniare la gravità della crisi in atto, con un’offerta di nuovo lavoro in costante e consistente calo. Considerando che nel computo dei disoccupati non rientrano né coloro che hanno rinunciato a cercare un lavoro, né coloro che usciranno o stanno per uscire dalla cassa integrazione, ordinaria o straordinaria che sia, possiamo immaginare che il dato reale sia ben al di sopra di quello certificato dall’Istat. E così dall’inizio dell’anno la cronaca ha registrato otto casi di suicidio, tra imprenditori e dipendenti che hanno perso il lavoro: per imprenditori che hanno speso la loro vita nell’azienda è insopportabile pensare a un futuro senza di essa e dall’altro lato per chi perde il lavoro, specie se ha superato i quaranta anni, si apre non l’incertezza, ma la certezza disperata di non trovarne un altro. La crisi ha senza dubbio esasperato le difficoltà “storiche” di buona parte delle nostre aziende: scarsa efficienza del sistema produttivo, sua eccessiva frammentazione, pressoché totale assenza di ricerca e quindi di innovazione, un eccessivo carico fiscale; a queste se ne sono aggiunte di nuove: la difficoltà di accesso al credito (che le banche stentano ad elargire) e per molte imprese uno Stato pessimo pagatore, sia a livello centrale che periferico, con amministrazioni locali a loro volta pesantemente condizionate dai tagli ai finanziamenti e dal patto di stabilità. Fino ad ora nessuna delle misure prese dall’attuale Governo sembra in grado di contrastare questo stato di cose. |
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