Giustizia: indennità di 500.000
euro al Capo del Dap?
Interrogazione del Sen. Buemi (Psi)
Non
è ancora stato nominato il nuovo dirigente del Dipartimento, ma
intanto va chiarita l'entità del compenso, che verrebbe
mantenuto anche dopo la fine del mandato.
Finché non ci sarà il formale insediamento del nuovo Csm è da
escludere che il ministro Orlando presenti il ddl sul Consiglio
superiore: tra le molte responsabilità che il Parlamento si è
assunto con l'estenuante prolungarsi dell'elezione dei membri
laici c'è anche quella di aver tenuto bloccata la riforma della
giustizia in una sua parte importante.
Ma finché la riforma stessa non si completa nei suoi punti
essenziali c'è un'altra questione a sua volta sospesa: la nomina
del nuovo capo del Dap, il Dipartimento dell'amministrazione
penitenziaria. Un ruolo chiave, nella sala dei comandi di via
Arenula. Il sistema italiano delle carceri ha ricevuto un
qualche sollievo dai recenti interventi normativi, compreso il
decreto convertito a inizio agosto, ma resta un osservato
speciale da parte dei giudici di Strasburgo: dalla sentenza
Torreggiani in poi il livello d'attenzione della Corte europea
nei confronti di Roma è diventato altissimo.
La scelta del nome da indicare come successore di Giovanni
Tamburino al vertice del Dap è dunque molto delicata, e non solo
per questo. Lo è anche perché si tratta di una carica molto ben
remunerata. Tra gli alti moli della pubblica amministrazione è
ai primissimi posti, con un'indennità annua che sfiora i 500mila
euro. Un dato che entra in conflitto con il tetto agli stipendi
dei manager pubblici fissato dal governo.
A rivolgere un'interrogazione sul punto al ministro della
Giustizia Andrea Orlando è un parlamentare di maggioranza, il
senatore del Psi Enrico Buemi: "Si chiede di sapere se
corrisponda al vero la notizia pubblicata dagli organi di stampa
relativa all'indennità (vitalizia) di 500mila euro l'anno
destinata al dirigente del Dap", scrive Buemi, "e se non ritenga
che tale indennità sia incompatibile con. la normativa generale
sui dirigenti pubblici e, soprattutto, sugli intenti del governo
in materia di spending review".
Considerato
che nella sua riforma della giustizia il Guardasigilli ha
toccato molti aspetti ritenuti sensibili dalla magistratura -
quello delle ferie è solo l'ultimo - scegliere
contemporaneamente anche il nuovo capo del Dap vorrebbe dire
innalzare un livello di tensione già troppo alto. Come ricorda
lo stesso Buemi nella sua interrogazione la carica "è fonte di
vere e proprie guerre fratricide tra le correnti
della magistratura", visto che "è stata sempre appannaggio delle
toghe: una legge non scritta, ma è un fatto". Non è il caso di
aggiungere subito anche questo argomento, ai molti che già
complicano i rapporti tra governo e giudici, evidentemente. Ma
di sicuro fi governo dovrà chiarire la questione del compenso:
"Nell'interrogazione ometto alcuni dettagli, che però mi aspetto
di capire meglio con la risposta del ministro", spiega Buemi, "a
cominciare da un fatto: a quanto pare il magistrato a cui viene
assegnato questo incarico conserva quel tipo di retribuzione
anche una volta che ha smesso di essere a capo del Dap.
È come se entrasse in un nuovo ruolo, che gli permette di
accedere a un nuovo, altissimo livello stipendiale. Se questo
sospetto si rivelasse fondato la situazione sarebbe anche
peggiore. In pratica si resta con una busta paga di quasi mezzo
milione di euro lordi e questo porta ad avere anche una pensione
elevatissima. Poi le disponibilità di servizio sono di
primissima fascia: si ha anche un elicottero. Il capo del Dap
conta quasi più del ministro. Non ci si può stupire se le
correnti della magistratura spingono per ottenere la nomina di
un collega a loro riconducibile".
Nella pole position dei pappabili resta l'attuale Procuratore
capo di Catania, Giovanni Salvi. In ascesa le quotazioni del
professor Mauro Palma, presidente del Consiglio europeo per la
cooperazione nell'esecuzione penale. Ma prima di scegliere il
nome evidentemente bisognerà decidere quanto pagarlo.
Il testo dell'interrogazione
Atto n. 4-02679, pubblicato
il 16 settembre 2014, nella seduta n. 311. Buemi. Al
Ministro della giustizia. Premesso che a parere
dell'interrogante:
-
spesso si parla di costi
della politica pensando, erroneamente, che siano
esclusivamente quelli sostenuti per gli eletti in
Parlamento, nei consigli regionali, provinciali e
comunali a cui si sommano i rimborsi elettorali e le
spese per le cariche esecutive; la realtà è ben
diversa se si pensa all'enorme costo dei vari
dirigenti ministeriali e/o dei componenti di
organismi nazionali che percepiscono compensi
superiori ai politici e che la maggior parte delle
volte sono diretta emanazione partitocratica;
-
i buoni propositi (alcuni
dei quali tradotti in provvedimenti) del Governo
Renzi volti alla riduzione della spesa pubblica,
alla lotta alla corruzione e all'evasione fiscale e
alle riforme varie non hanno ancora riscontro nella
realtà dei fatti;
-
dai quotidiani nazionali
risultano all'interrogante, infatti, notizie che
destano perplessità. Sul quotidiano "Il Manifesto"
del 21 agosto 2014 Patrizio Gonnella, presidente
dell'associazione Antigone, scrive un articolo
dedicato alla nomina del nuovo capo del Dap
(Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria del
Ministero della giustizia), posto vacante da metà
maggio 2014 allorquando il Ministro in indirizzo ha
revocato l'incarico a Giovanni Tamburino (Giovanni
Tamburino fu nominato dal Governo Monti e con Paola
Severino Ministro della giustizia. Un Governo di
tecnici che, evidentemente, pensò bene di mettere
"un tecnico" a capo dell'amministrazione
penitenziaria);
-
il sistema penitenziario
italiano è ormai "sorvegliato a vista" dalla Corte
europea dei diritti dell'uomo, che a maggio 2014 ha
concesso un anno di tempo all'Italia per rimettersi
in carreggiata sul tema del sovraffollamento delle
carceri dopo la storica sentenza del maggio 2013 sul
caso Torreggiani. Quindi il dipartimento citato non
ha più un capo dal 27 maggio, come del resto anche
per altri dipartimenti, come quello delle Politiche
antidroga;
-
si apprende, inoltre,
sempre da organi di stampa che "La poltrona di Capo
del Dap è ambitissima e desideratissima, che vale,
solo di indennità, 500mila euro l'anno, fonte di
vere e proprie guerre fratricide tra le correnti
della magistratura, è stata sempre appannaggio delle
toghe. Una legge non scritta. Ma è un fatto. Da
Nicolò Amato fino a Giovanni Tamburino, passando per
Caselli, Coiro, Tinebra, Ferrara e tanti altri",
si chiede di sapere:
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se corrisponda al vero la
notizia pubblicata dagli organi di stampa relativa
all'indennità (vitalizia) di 500.000 euro l'anno
destinata al dirigente del Dipartimento
dell'amministrazione penitenziaria;
-
se il Ministro in
indirizzo non ritenga che tale indennità sia
incompatibile con la normativa generale sui
dirigenti pubblici e, soprattutto, con gli intenti
del Governo in materia di spending review.
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