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L’INTERVISTA – NENCINI: «UN’ITALIA NUOVA»

La prossima sarà una settimana decisiva per le sorti del Paese. Sul tavolo della politica la ricerca della quadratura del cerchio tra i principali partiti politici dopo un voto che ha restituito una situazione complessa, fatta di alleanze difficili da individuare e maggioranze deboli. Al centrosinistra, forte del patto “Italia bene comune” tra Pd, Psi e Sel, la prima mossa per dare una risposta ai mercati che bocciano un risultato elettorale frammentato, agli auspici del presidente Napolitano a “fare presto” e ad una popolazione sempre più strangolata dalla crisi economica. Il segretario del Partito socialista italiano, Riccardo Nencini, lancia la proposta per un governo della responsabilità. Sedici punti che, per i socialisti italiani, rappresentano le priorità nell’azione di governo. Questioni, sottolinea Nencini, che «è possibile declinare già nei primi mesi di attività dell’Esecutivo e del Parlamento e che ribadirò al segretario del Pd Bersani la prossima settimana: gli consegnerò questo portolano per creare un’Italia nuova. Le chances di Bersani aumentano se si legano a un percorso di questa natura». Una proposta concreta, una via percorribile per uscire dall’empasse quella elaborata dal leader socialista, in una lettera aperta già inviata nei giorni scorsi a Bersani, Vendola e Tabacci.

Segretario Nencini, analizzando il risultato elettorale, dove ha sbagliato il centrosinistra?

Abbiamo dato una rappresentazione dell’Italia non più adeguata alle profonde fratture sociali e ai tanti cambiamenti dell’ultimo ventennio. Ha prevalso una lettura conservatrice di una certa sinistra. Troppa Fiom e poco terziario della conoscenza. Troppo attenti alle categorie consolidate e troppo poco al nuovo associazionismo.

Quale deve essere, invece, il compito di una sinistra moderna?

Quello di ridistribuire la ricchezza, trovare nuove forme di democrazia e costruire tutte le opportunità possibili in difesa di chi si trova in condizioni di bisogno: il primo e secondo punto sono storici, il terzo invece è nuova e dettato anche dal fatto che la spesa pubblica va indebolendosi. Va sottolineato che la seconda fase del governo Monti non ha creato le condizioni per rispondere a questi tre punti fondamentali, a questa va aggiunta anche una visione non adeguata a questa Italia.

Di chi ci si è dimenticati?

Sono state abbandonate due categorie senza diritti e tutele che, come tanti altri, non riescono ad arrivare a fine mese: chi ha un lavoro atipico che versa in condizioni disarmanti: alla difesa dell’art. 18 va aggiunto un art. 18 bis che tuteli i diritti fondamentali di questi lavoratori precari; i neo-professionisti, con un’ottima preparazione ma non avendo l’agevolazione di uno studio di famiglia avviato alle spalle non riescono ad esercitare la loro professione. Prioritario è anche il sostegno alle piccole e medie imprese: oggi non si muore di debiti ma di troppi crediti, in particolare nei confronti della pubblica amministrazione. Occorre in tal senso allargare le maglie del patto di stabilità. Non fermarsi alla difesa ma aumentare le opportunità godibilin per chi vive una condizione di fragilità.

Pensa che si viva una profonda crisi non solo sociale, ma anche della democrazia rappresentativa?

Assolutamente sì. Ritengo che la rivoluzione della Rete faccia sì che non ci si accontenti più della democrazia degli eletti. Penso in tal senso che sia opportuno coinvolgere le generazioni al senso dello Stato consentendo il diritto di voto ai sedicenni. Sono convinto che problemi strutturali che sollevano dibattiti nazionali come la Tav, possano essere affrontati introducendo una legge nazionale che preveda forme di partecipazione come le débat public francese.

Tra le sue priorità mette anche la riforma degli organi dello Stato?

Sì. Sono per la fusione dei Comuni più piccoli; lo scioglimento degli enti intermedi riassorbendone le funzioni da Comuni e Regioni; la riduzione del numero dei parlamentari alla Camera e per la trasformazione del Senato in Senato delle Regioni e delle Autonomie locali: così da ottenere una riduzione dei costi, lo snellimento dei tempi dei lavori parlamentari e una maggiore rappresentatività degli enti locali.

E su temi strategici per il nostro Paese come la formazione?

Vanno sviluppate politiche di sostegno agli studenti meritevoli fuorisede o Erasmus.

Grillo parla tanto di “reddito di cittadinanza”, cosa ne pensa?

Penso a forme di salario vincolato allo svolgimento di lavori di pubblico interesse, cosa ben diversa dalla donazione demagogica a ricchi e poveri proposta da Grillo.

(Intervista di Lucio Filipponio pubblicata su Avanti on line il 10-03-2013)

 

 

 

 

 

 

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